
Tra Decreto Agosto e Recovery plan non c’è svolta: la lista di bonus e rimborsi si allunga di pari passo all’avvicinarsi delle scadenze elettorali e sullo sfondo si afferma l’idea che c’è denaro (facile) da distribuire per tutti. Tanto si possono fare deficit e debito
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Vedremo (una volta finita la consueta guerriglia preventiva sulle bozze) di che pasta sarà fatto, in concreto e nei dettagli, il Decreto Agosto. Ultima tappa prima della messa a punto del Recovery Plan (Piano nazionale per la ripresa) a sua volta decisivo per accedere ai 209 miliardi del Recovery Fund europeo. Due segnali facevano pensare alla possibilità di una prima, attesa svolta.
Primo: il presidente della Repubblica Mattarella ha parlato della necessità di non considerare le ingentissime risorse europee messe a disposizione dell’Italia come una «diligenza» da assaltare. Il secondo segnale: il presidente del Consiglio Conte ha scritto (lettera al “Foglio”) che è arrivato il momento «di mettere fine a politiche economiche di mero ristoro, di corto respiro, ispirate a logiche corporative e settoriali, chiuse nella sterile strategia della ricerca del consenso elettorale». Perché solo le «riforme strutturali assicurano la fiducia e la ripartenza dell’economia».
Non che un decreto possa ora ribaltare da solo il corso di una politica economica che già prima del lockdown da coronavirus eludeva il linguaggio della verità e faceva fatica a confrontarsi con i risultati, come nel caso delle pensioni Quota 100 e del Reddito di cittadinanza dal lato delle politiche attive per il lavoro.
Ma, a cavallo tra Decreto Agosto e Recovery plan, non circola aria di svolta. E il respiro resta corto. A volare sulle ali più disparate e creative ci sono sempre i bonus e i progettati rimborsi (come quello per incentivare i consumi nei centri storici in sofferenza per le conseguenze dello smart working) la cui lista si allunga di pari passo all’avvicinarsi delle scadenze elettorali. Lievitano gli interventi micro settoriali e i tamponi nel segno di una emergenza senza fine.
In generale, si va affermando l’idea che c’è denaro (facile) da distribuire per tutti, tanto si possono fare deficit e debito. All’ombra minacciosa di Covid-19 non ci sono condizioni da rispettare, né c’è da discutere troppo sul sottile. Abbiamo necessità di investimenti massicci nella sanità? Del fondo europeo Mes potremo fare a meno, o forse no. Che poi, come certificato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb), il Paese si avvii a una contrazione del Pil nel 2020 pari a -10,4% e un debito pubblico stabile nel 2020 e nel 2021 intorno al 160% del Pil pare un dettaglio. Anzi, la Germania sulla crescita farà peggio dell’Italia, quest’anno. Perché preoccuparsi tanto?
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